La settimana Santa - A.L.B.A.C.A.S.

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La settimana Santa

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La Settimana Santa a Licodia Eubea




1. Cenni sulle origini e la storia della Settimana Santa

Paolo Orsi, eminente archeologo trentino vissuto nella prima metà del novecento, in seguito al ritrovamento di tombe cristiane nel territorio di Licodia Eubea, considera questa città una grossa borgata, "punto di transizione" della nuova civiltà tra la costa sud-est dell'isola, dove primeggiava Siracusa, e le regioni montane interne.
    L'affermazione del cristianesimo e la sua vigorosa espressione trovano conferma, lungo il corso dei secoli, nell'esistenza di trentanove chiese sacramentali, di numerosi ordini religiosi (Monaci Basiliani - Benedettini - Paolotti - Mercedari - Domenicani - Carmelitani - Frati Minori Conventuali - Frati Minori Osservanti - Frati Minori Cappuccini - Monache Benedettine - Clarisse); di fiorenti confraternite e Terz'Ordini (Carmelitano - Domenicano - Francescano); delle Confraternite del SS. Salvatore di San Giovanni degli Incappucciati e della Immacolata (dal 1816), ognuno dei quali ha inciso profondamente nel tessuto sociale e religioso di Licodia.
    Verso la fine del 1565 il Dott.Sac.D. Ascensio de Pisanis si premurò di raccogliere ed ordinare, coadiuvato dal clero e da fedeli, elementi greci, bizantini, normanni, svevi e spagnoli per celebrare solennemente la Quaresima e la Settimana Santa, dando vita ad un "pathos" che iniziava il Mercoledì delle Ceneri per culminare nelle due processioni della notte del Giovedì Santo: quella di Maria Addolorata e "Do Signuri a Culonna", che si incontravano il Venerdì mattina e che, tra cambi di varie statue proseguivano per tutta la giornata. Tutto questo fece diventare questa città il punto di riferimento per le celebrazioni pasquali della Diocesi di Siracusa.
    Nel pomeriggio della Domenica delle palme il Clero diocesano si radunava nella Chiesa Madre; incedeva "in nigris" con una scopa sotto il braccio, dietro la Croce velata, fra due ali di popolo, verso la Chiesa dei Cappuccini per spazzarla in segno di penitenza. Queste celebrazioni, pur avendo perduto molto delle proprie origini, ancora oggi sono piene di suggestione e di misticismo.
    Ancora oggi, seppur non in maniera così elaborata, il massimo della partecipazione, del coinvolgimento e dell'emozione si manifesta nelle funzioni della Settimana Santa, dove una parte notevolmente importante hanno i canti religiosi, i cui testi, tramandatisi da padre in figlio, vanno dal '500 al '700.
    Il Mercoledì, all'imbrunire, per le vie della città si svolge la processione "Do Signuri a Colonna", con canti e preghiere tradizionali.
    Il Giovedì sera si visitano nelle varie chiese i "Sepolcri", altari della Deposizione.
    Il Venerdì Santo alle ore 10.00 in Piazza Vittorio Emanuele si svolge la Giunta, sacra rappresentazione dell'incontro tra Cristo, caricato della croce e tirato da "Circello", e la Madre Addolorata. Dopodiché il gruppo statuario percorre la Via Mugnos; nel frattempo, ai piedi del sagrato della Chiesa del SS. Crocifisso, si svolge l'asta pubblica della croce. Il banditore si rivolge alla popolazione qui radunatasi e bandisce le offerte. Coloro che hanno intenzione di caricarsi la Croce tendono al massimo rialzo dell'offerta. L'asta finisce quando il gruppo statuario della Madonna Addolorata e di Cristo con "Circello" arrivano in prossimità della Chiesa del SS. Crocifisso. A questo punto, il devoto che ha fatto il prezzo più alto si aggiudica la Croce. In genere, i partecipanti all'asta sono devoti che hanno fatto un voto e così vogliono onorarlo. Per inciso, fino a qualche anno fa l'offerta veniva destinata ai bisogni delle orfanelle ospitate nell'Istituto delle Suore Ancelle Riparatrici, adiacente alla Chiesa. Proseguendo con la descrizione della manifestazione, il devoto che vince l'asta indossa  la tunica bianca e cinge il capo con una corona di spine. All'arrivo del gruppo statuario "carica" sulle spalle una pesante croce e tutti insieme, seguiti da un popolo numeroso, si avviano verso il Monte Calvario, dove, davanti alla chiesa ottagonale, alla sommità del Calvario, viene fissata la Croce.
    Alle ore 17,00 si svolge la suggestiva processione dell'Addolorata con "u Signuri a Cascia" (Cristo deposto nell'Urna), che, partendo dalla Chiesa Madre, con incedere lento si snoda lungo il Corso Umberto per raggiungere la Chiesa del Calvario, dove la statua del Cristo viene posta sulla Croce. La funzione, accompagnata da canti tradizionali, si conclude con la vestizione dell'Addolorata con il manto nero in segno di lutto e la deposizione del Cristo nell'Urna ("a vara"). Dopo toccanti momenti di raccoglimento, riprende la processione, preceduta dal devoto che carica nuovamente la Croce sulle sue spalle, e accompagna il Cristo e l'Addolorata alla Chiesa dei Cappuccini, dove i fedeli si recano a "fari a paci", cioè a riconciliarsi tra loro.
    Verso le ore 22.00 la processione del Cristo morto riparte dalla Chiesa dei Cappuccini diretta alla Chiesa Madre. Tipico di questa processione è il procedere lentissimamente da parte dei "portatori" del Cristo nell'Urna e dell'Addolorata, la cosiddetta "nnacata", accompagnata da struggenti canti tradizionali, quali "U Populu meu", "A Cavallaria", "Lo Stabat mater" e tanti altri.
    Molto dopo la mezzanotte, a seconda delle più o meno propizie condizioni meteorologiche, il Cristo e l'Addolorata arrivano alla Chiesa Madre. Dopodiché l'Addolorata, preceduta sempre dal devoto con la Croce, viene riaccompagnata alla Chiesa del SS. Crocifisso. In quest'ultimo tragitto il popolo, commosso e con corale partecipazione, intona in sette fermate prestabilite lo struggente canto de "i Setti Spati".
    Le Sacre Rappresentazioni si concludono la Domenica di Pasqua con la "Giunta" (l'incontro). Dalla Chiesa del SS. Rosario esce la statua di Gesù Risorto, che viene nascosta dietro l'angolo di una strada laterale alla Piazza Vittorio Emanuele, dove avverrà la Giunta, per non essere vista dalla Madonna, che intanto è uscita dalla Chiesa dei Cappuccini, percorre tutto il Corso Umberto fino ad arrivare in prossimità della Piazza Vittorio Emanuele. Due pesanti stendardi, portati da giovani gagliardi (vogliamo ricordare che di questa manifestazione parla anche Giovanni Verga in una delle sue novelle), fungono da messaggeri tra il Cristo e l'Addolorata. Dopo ripetuti scambi di messaggi,  simbolizzati dalle "vare" che vengono inclinate dai portatori, avviene la "Giunta" tra il Cristo e Sua Madre, che intanto è stata liberata del manto nero da cui fuoriescono alcune colombe bianche che spiccano il volo. La Santissima Madre abbraccia il Figlio Risorto per tre volte.


2. Breve descrizione della "vara"

L'urna ("a vara") è un lavoro di raffinata e pregiata ebanisteria di Mastro Matteo Cutraro risalente al 1836.
    E' di legno massiccio, ricoperto con liste di piuma di mogano con intarsi e filettature in foglia d'oro zecchino, di forma cuspide su cui spicca un globo con una Croce.
    Il corpo di Gesù, del 1700 circa, è in carta pesta. Deposto all'interno, è visibile attraverso i vetri che lo racchiudono. A grandezza naturale, è adagiato su un materassino di seta finemente ricamato in oro.
    Sul cuscino posa delicatamente il capo insanguinato dalla truce corona di spine. Gli occhi e la bocca sono lievemente socchiusi. Le braccia, che si articolano per permettere la crocifissione, sono distese con i palmi delle mani aperti e poggiati sul dorso. Il perizoma bianco avvolge la parte mediana del corpo, con le gambe non rigide, ma leggermente piegate, e i piedi congiunti.
    Il manufatto si trova in pessimo stato di conservazione. Le liste in piuma di mogano, che rivestono la cassa, presentano delle spaccature e alcune mancano del tutto. Le parti dorate non si presentano più omogenee.
    Il corpo di Cristo presenta delle crepe e vecchie stuccature del precedente restauro, risalente alla fine degli anni '60. Impropria ci sembra, infine, la coloritura grigiastra che è stata data alle parti scoperte del corpo medesimo.



3. Alcune considerazioni antropologiche  
(di Salvatore Barone)

    Tra le manifestazioni religiose che nel corso degli ultimi secoli e ancora oggi, anche se in maniera molto più attenuata, si tengono a Licodia Eubea, sicuramente la Settimana Santa è quella verso cui i licodiani dimostrano il più vivo interesse e che registra la più sentita partecipazione, anche da parte di molti emigrati che tornano appositamente in paese per rivivere emozioni antiche. Ciò probabilmente è dovuto a motivazioni antropologiche.
    Possiamo infatti considerare ogni manifestazione dello spirito la proiezione simbolica di un modo di vivere e, quindi, di una particolare visione della vita e dell'uomo. Questa visione della vita non può essere chiaramente disgiunta dal sentimento della morte. Vita e morte di Gesù riflettono un'idea stoica della vita, per cui quest'ultima è sofferenza, dolore, angoscia, tragedia; e la morte è l'atto finale dell'esperienza terrena, ma anche momento di passaggio verso la promessa di una vita ultraterrena, che la tradizione scolastica tripartisce a seconda della condotta che abbiamo tenuto in vita. La Resurrezione di Gesù Cristo costituisce la premessa e la promessa di un dopo vita nella comunità dei Santi, dove c'è eterno gaudio e beatitudine senza fine.
    Ma quali esempi possiamo addurre per sostenere la tesi per cui nel licodiano prevale la tendenza a sopravvalutare gli aspetti dolorosi della vita?
    Un primo esempio potrebbe essere la stessa rilevante preferenza che egli accorda alla Settimana Santa rispetto a tutte le altre manifestazioni religiose, laiche e pagane. Non c'è festa che la superi in partecipazione, e forte è il sentimento popolare che accompagna ogni singolo momento delle diverse rappresentazioni religiose. Come in una tragedia greca, la partecipazione è corale e ciò si esprime maggiormente nei canti, che raggiungono il culmine dello strazio in quelli della notte del Venerdì Santo.
    Inoltre, ai licodiani sembra non piacere il baccanale, la visione orgiastica e dionisiaca della vita. Ci chiediamo spesso perché, ad esempio, il Carnevale è una festa così poco sentita. In questo periodo di balli e mascheramenti si ha l'impressione di non gradire troppo gli eccessi e che si aspetti con impazienza il Mercoledì delle ceneri che, non a caso, è giorno di penitenza, di inizio della Quaresima.
    Poi, a Licodia Eubea era diffuso, e persiste ancora oggi, il designare il proprio figlio con il nome di "Croce" che, nella sua versione femminile, diventa "Crocifissa".
    Infine, forse in pochi altri paesi è ancora così forte la partecipazione ai funerali dei compaesani le cui bare vengono portate, spesso a spalle, fino al cimitero, come a ripetere la funzione del Venerdi Santo. Più che per la condizione economica del defunto, ai funerali la partecipazione cresce proporzionalmente alla stima e alla considerazione sociale di cui egli ha goduto in vita. Ciò a significare che l'accompagnamento del defunto, così come per Gesù Cristo, è l'atto finale della sua ricongiunzione con la Comunità dei Giusti.
    Corollario e seguito di ogni funerale che si rispetti è la vestizione in nero dei parenti più stretti, il "visito" a questi ultimi di altri parenti, di amici, vicini e conoscenti, e la memoria del defunto che viene perpetuata con Sante Messe a scadenze prestabilite. Ancora oggi nel nostro paese ci sono vedove, nuove Madonne Addolorate, che hanno scelto in perpetuo la vestizione in abiti neri per ricordare la morte del proprio congiunto.


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